mercoledì 25 aprile 2012

Conclusione Scapoli o ammogliati?

Conclusione
Scapoli o ammogliati?
  
Mi ha divertito molto l’idea di quell’amico che ha organizzato presso la sua azienda la partita di calcio “scapoli- ammogliati” – è un classico – e al tempo stesso mi ha fatto riflettere. In un mondo in cui molti rimangono “single” almeno per molti anni – ci si sposa sempre più tardi, se ci si sposa – e in cui molte coppie “scoppiano”… dando luogo a nuove coppie o anche a nuovi single, la squadra degli scapoli rischia di essere sempre più numerosa e, se non più motivata, almeno – statisticamente – sempre più forte. Ma non è ancora questo il punto: ci siamo chiesti se apparteniamo alla prima o alla seconda squadra? Il dato anagrafico in questo caso non è molto importante: ci sono infatti scapoli che hanno la predisposizione al matrimonio e persone sposate - magari con tanti figli – che non ce l’hanno. Si tratta di capire, invece, qual è la mentalità, l’atteggiamento di fondo. Questo è fondamentale per capire qual è l’atteggiamento giusto da assumere nell’ambito dell’argomento che abbiamo appena affrontato.

A questo punto ci si può sottoporre al seguente Test al quale è bene rispondere con la massima sincerità, pena l’inutilità del test e della successiva fase di “cura”:

Test - Scapoli e ammogliati
In un’ipotetica partita di pallone dove finiresti col collocarti?
(in Appendice il punteggio e la valutazione)
A) C’è da apparecchiare la tavola:
1) rivendico la mia libertà di pensiero, io non mangio, quindi non apparecchio
2) non mi è stato detto per tempo, non apparecchio
3) apparecchio anche se mi scoccia
4) che bello apparecchiare, apparecchio (anche perché a me scoccia sparecchiare e questo lo farà un altro)
5) arrivo a tavola all’ultimo minuto quando è tutto bell’e pronto
B) C’è da sparecchiare:
1) faccio un viaggio/due e poi vado via
2) non sparecchio per principio: non mi va e basta
3) non sparecchio. È più forte di me: magari faccio qualche altra cosa
4) non sparecchio: non ho mangiato
5) sparecchio: qualcuno dovrà pur farlo
C) C’è una gita:
1)   non ci vado
2)   ci vado ma non organizzo
3)   organizzo ma non ci vado
4)   ci vado
5)   prendo una margherita e comincio a toglierle i petali: ci vado, non ci vado…
D) Torna a casa qualcuno della nostra famiglia:
1)   gli vado incontro abbracciandolo
2)   lo saluto da lontano (guardandolo o meno)
3)   gli auguro il benvenuto interrompendo l’attività che stavo svolgendo
4)   faccio finta di non sentire
E) Squilla il telefono in casa:
1)   rispondo subito
2)   faccio finta di non sentire augurandomi che risponda qualcun altro
3)   inveisco per l’ennesima interruzione e rispondo
4)   inveisco per l’ennesima interruzione e non rispondo
F) C’è un malato in casa:
1)   lo vado a trovare
2)   non lo vado a trovare per non prendermi la sua malattia
3)   lo vado a trovare portandogli qualcosa che gli fa piacere
4)   non lo vado a trovare ma gli faccio avere qualcosa che gli fa piacere

Perché questo test in questo libro e qui? Perché per ragionare con la propria testa e giungere alla conoscenza della verità – “adaeguatio res et intellectuum”, la verità c’è ed è una – è necessario fare spazio all’altro, essere in ascolto dell’altro, dell’interlocutore, altrimenti non si fa altro che costruire un monumento alla propria personalità destinato a rimanere nel più assoluto ─ e normalmente irriso ─ isolamento. Sappiamo infatti che  la nostra opinione, per quanto rispettabile sia, fino a quando non è suffragata dal giudizio esterno è a rischio. Quattro occhi vedono meglio di due (e due meglio di uno: proviamo a chiudere un occhio e subito ci rendiamo conto di perdere la dimensione della profondità). Tutti ci rendiamo conto di questo. Ciononostante preferiamo spesso non confrontare la nostra opinione con quella di chicchessia.
Chi invece è disponibile a confrontare le proprie idee con quelle degli altri e a mettersi in gioco è pronto ad accogliere le esigenze dell’altro e, spiritualmente, ad essere padre o madre dell’altro, di essergli realmente d’aiuto, di sostegno (e, reciprocamente, ad essere sostenuto, aiutato).
Ecco perché il ragionamento migliore, il più convincente – nel senso letterale del termine di cum vincere, vincere insieme – è quello che si fa con la propria testa… unita a quella di un altro. Questa è la differenza fra il vincere – il trionfare – in una discussione e il mettere insieme le conclusioni di più persone di idee diverse e non importa chi avrà dato l’apporto più significativo perché ciò che vince davvero è il comune avvicinamento alla realtà.
Fanno pena – sic! – quei vicini di casa o colleghi che per non salutarti chinano la testa o fanno finta di vederti: “deve avere qualche problema” è l’inevitabile conclusione che si è portati a trarre. Gente che costruisce la propria vita con le spalle al prossimo, che vive in funzione della propria affermazione personale o professionale e crolla miseramente se in questi campi vi dovesse essere – vi sarà immancabilmente – qualche insuccesso.
Vae soli, “guai a chi è solo” dice la Bibbia (Ecclesiaste 4; 10)."Melius ergo est duos simul esse quam unum habent enim emolumentum societatis suae si unus ceciderit ab altero fulcietur vae soli quia cum ruerit non habet sublevantem" (Meglio perciò essere due insieme che uno solo, perché traggono profitto dalla loro unione e se uno cade l'altro lo sostiene, ma guai a chi è solo, perché, cadendo, non ha chi lo sollevi!).
Tu ed io siamo una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi.” (Mahatma Gandhi)
Allora: cosa sei, scapolo o ammogliato? È probabile che tu sia un ammogliato con atteggiamenti da scapolo. In ogni caso non è tanto importante cosa tu sia; in realtà quanto è importante ciò che tu decidi di essere perché … finché c’è vita c’è speranza e si è sempre in tempo a cambiare a meno che non si decida di mettersi nelle mani del nemico .
Eccoci alla nostra ultima affermazione politicamente scorretta: il diavolo esiste.
Il “separatore”, questo è il significato della parola diavolo, dal greco diabolos – che, per riportare la vittoria definitiva e senza possibilità di recupero tende a farti sentire solo e senza speranza. Con alcuni ci riesce effettivamente. Ho negli occhi – e nel cuore – la scena del cadavere di un amico che è morto lanciandosi dal quattordicesimo piano del palazzo del suo ufficio in cui avvertiva di essere vessato senza che riuscisse a sottrarsi a quest’orribile impressione, a mio avviso, solo in parte vera. Sono fiducioso che Dio nella sua misericordia lo avrà accolto lo stesso.
Con molti, moltissimi oggi, il diavolo riesce a ottenere un’altra vittoria che è quella di seminare il sospetto nei confronti di Dio. Riesce a far dubitare della completa bontà di suo figlio – che non si capisce cosa dovrebbe fare più di quello che ha fatto per meritare la nostra fiducia – e magari, in fase finale, a provocare la disperazione. Grazie al cielo, però, non dipende tutto da noi, ma anche da Lui che ci dà, insieme alla vita anche la libertà – senza la quale non si può amare, non lo possiamo amare, ciò che massimamente Egli desidera da ciascuno di noi – di crescere, di migliorare, di aderire al suo amore o di respingerlo.
Un’ultima parola, come promesso, per Beppino Englaro, il padre di Eluana, che tutti ormai conoscono:
“Gentile Signor Englaro,
quello che ho detto prima è quello che penso. La invito a essere coerente fino in fondo e ad ascoltare la famiglia Crisafulli. La violenza con cui Marco Cappato ha risposto loro è degna del miglior spirito radicale. Ciascuno ha i compagni di strada che si merita. Non c’era né la certezza che la scienza non avrebbe permesso di trovare più avanti una soluzione, né il diritto di disporre di una vita che, benché suo padre, non era la Sua. Il fatto di appellarsi a quello che avrebbe voluto Sua figlia diciassettenne, mi lasci dire, è argomento molto debole e francamente non si capisce come dei giudici abbiano voluto accoglierlo. Eluana aveva dichiarato che sarebbe stato preferibile morire che sopravvivere privi di coscienza e volontà e completamente dipendenti dalle cure altrui ed ha ammesso anche di aver pregato perché l'amico si spegnesse senza ulteriori sofferenze ed umiliazioni. Ecco come aveva reagito sua figlia: pregando perché l’amico si spegnesse, non chiedendo di sottrargli le cure: è ben diverso. Lei ha voluto sostituirsi a Dio e ha voluto che qualcuno facesse le sue veci “ex lege”. Sappia però che in qualsiasi modo lei la voglia pensare il razionale non rimane solo nella sua mente o in quella delle persone più illuminate che lei conosca. Il razionale è nel mondo, nell’universo. C’è una mente che lo ha concepito e ha fatto in modo che poi le cose procedessero per conto proprio. Niente, però, di quello che accade, gli è sconosciuto, né è casuale. C’è qualcuno, Lei sa chi, che ha assistito a quello che è successo e ha vissuto con Lei questa storia, anche se forse Lei non voleva stare con Lui. Insomma, Signor Englaro, sappia che qualora Lei volesse c’è sempre una mano tesa per trovare una risposta dove non ha voluto o non saputo – questo lo sa solo Lei – cercarla: il piano della fede, dove già adesso, volendo, potrebbe incontrare Sua figlia – che a quanto pare la fede aveva – ad un livello più profondo, ma non meno vero di quello che c’è già stato. A quanto pare dall’altra parte non saremo né fratelli, né sorelle, mariti o mogli o figlie, ma saremo come angeli nel cielo, anche se il corpo lo avremo ed Eluana, ora, ha tante cose da insegnare a tutti noi, Lei compreso. La ascolti. Sentitamente, A.P.”

Ecco, adesso abbiamo finito il nostro viaggio: è un viaggio descritto in un libro che può diventare il viaggio della tua vita. Io ti ho trasmesso quello che in sintesi è stato il viaggio della mia – ho poco più di mezzo secolo – aprendoti il cuore gradualmente e rivelandoti quelle che sono state le mie scoperte, ottenute in mezzo a difficoltà notevoli ma con la gioia profonda di aver seguito la mia strada in autonomia e piena coscienza. Ti consiglio di percorrerlo con fiducia, con coraggio, affrontando apertamente tutti i problemi che essa ti pone, sapendo che se lo farai, senza tirarti indietro, troverai che ad aspettarti ci sono tanti, che forse sono coloro che tu stimi di più.
Per circostanze particolari della vita, che non sto qui a descrivere perché sarebbe lungo (magari in un altro libro), mi sono trovato ad affrontare un cammino particolare che mi ha posto di fronte all’esigenza di confrontarmi con realtà diverse e in ogni caso facendo continuo riferimento alla mia coscienza. Con essa non sono mai sceso a compromessi. Se talvolta non sono riuscito ad obbedire alla sua voce è stato per debolezza personale, mai per inganno. Questo cammino ho percorso e questa esperienza ho tratto, che mi auguro possa essere di aiuto anche a te. Un cammino alla ricerca della verità, verso la causa. Un cammino che ti invito a percorrere con me: visita la pagina del mio blog “Verso la causa” (versolacausa.blogspot.com ) o contattami al mio indirizzo email unanno@gmail.com.
In questa breve chiacchierata ho voluto trasmetterti alcune “pillole” da usare come antidoto rispetto ad una società variegata, ricca di spunti interessanti ma anche d’insidie. Una società in cui si è passati dall’assumere – forse in maniera acritica – gli insegnamenti delle generazioni precedenti, che in questo modo rimanevano parte del patrimonio comune dell’umanità, alla volontà di “rifondare” tutta la realtà come se questo fosse possibile. Naturalmente per la maggior parte delle persone quando si arriva alla maturità ci si rende conto dei limiti di questo ragionamento, ma questo avviene quando ormai il gioco è fatto, non solo per se stessi, ma anche per i propri figli e talvolta il danno fatto è molto serio. C’è sempre tempo, “finché c’è vita c’è speranza”, recitavano i nostri nonni: già, purché ci si decida a non subire la vita e le circostanze, ritenendole immodificabili, ma a “prenderla in mano e farne un capolavoro” come ci invitava a fare il grande Giovanni Paolo II.
“Non lasciatevi vivere”… Prendete la vostra vita in mano e fatene un autentico e personale capolavoro!”
(Discorso ai giovani di Genova, 22 settembre 1985)
La frase è di un tale potere motivante che la usa Roberto Re, probabilmente il più grande formatore motivazionale italiano. E il seme non è caduto lontano dall’albero se Tony Robbins, che il primo riconosce come suo maestro dice:
“Il segreto del successo è imparare a usare il piacere e il dolore, invece che lasciarsi usare dal piacere e dal dolore. Se ci riuscirete, avrete raggiunto il controllo della vostra vita. Altrimenti, sarà la vita a controllare voi.”
Sono convinto che le grandi risorse scoperte dal coaching e dalla PNL, due tecniche di studio e di controllo mentale parzialmente analoghe che mirano al sfruttare al meglio il potenziale umano di cui ciascuno è dotato, possano essere basate su un fondamento solido che è dato dall’immenso patrimonio – culturale, umano e divino – del cristianesimo. Credo che ciascuno possa credere quello che vuole, ma in quest’ambito è certo che cercando troverà la verità.
“Chi cerca, trova e a chi bussa sarà aperto” (Mt 6,8).
Lo so, di “scorrettezze politiche” ne ho dette molte, compresa la volontà di fare esplicito riferimento alla mia fede, ciò che ormai risulta difficile in molti ambienti, ma tant’è! Io Dio l’ho cercato e l’ho trovato, perché dovrei nasconderlo? L’ho cercato nelle difficoltà, ma non me ne sono dimenticato nei momenti di forza. Conosco le difficoltà del credere: si tratta di smetterla di fidarsi solo di ciò che si vede e che si tocca e di cominciare a perdere alcune delle proprie sicurezze, anche se poi le si trova, moltiplicate, una volta che si è fatto il passo di arrendersi a Lui. Dal momento che ciascuno di noi, scava liturgie, tanto vale abbracciare la vera Chiesa, tradita e deturpata in volto da parte di alcuni suoi rappresentanti, ma sempre bella e attraente per la stragrande maggioranza di brave persone al suo interno che ogni giorno mettono in gioco la vita per gli altri, ciò che non può non vedere chi le si avvicini con onestà intellettuale e sincero spirito di ricerca, in quanto fondata da Cristo “e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16,18). Non è forse l’unica istituzione che oggi si batte in difesa della vita, soprattutto quella di chi non si può difendere? A proposito dei “paese che vai, liturgie che trovi” desidero riportare qui una singolare e divertente esperienza personale fatta durante i 79 giorni di occupazione aziendale di cui ho scritto in precedenza e contenuta nel mio primo libro “C’era una volta la SME…”, (Michele Di Salvo Editore, Napoli, 2003):
“L’arrivo del Presidente di Rifondazione Comunista, della quale peraltro avevamo anche ospitato il Segretario, fu preparato da un clima di rispettoso silenzio. Egli si presentò con un sorriso amabile e uno stuolo di giovani, quasi tutti in blue-jeans.
La lenta gestualità, le movenze solenni e il suo tono pacato facevano pensare più a un alto prelato che all’esponente più rappresentativo del partito dell’estrema sinistra. Anche le persone che lo accompagnavano, sebbene vestite “casual” e non paludate come i preti e le suore, facevano pensare alla ritualità che circonda ordinariamente le personalità ecclesiastiche. Il “compagno” Cossutta ci parlò con tono paterno, dopo aver ascoltato in silenzio e raccoglimento le nostre argomentazioni, annuendo di tanto in tanto, con le mani giunte. Il suo intervento fu recepito con attenzione e serenità e dopo averci lasciato le sue parole di conforto – la benedizione era nell’aria, ma non arrivò – si allontanò nel silenzio che lo aveva accolto.”

Se si deve costruire la propria vita prendendola in mano per farne un autentico e personale capolavoro non si può prescindere dai valori fondanti e questi sono già – oggi qui in Italia – già a nostra completa disposizione. Dio alla fine non è così lontano: “in lui ci muoviamo, esistiamo e siamo” (At 17,28), direbbe san Paolo. Ahimè, spesso si nasconde, ma è per lasciare integra la nostra libertà, perché senza di questa non potremmo amarlo, che alla fine è quello che Egli vuole.
Senza tanti giri di parole ti consiglio di cercare Cristo nella tua anima anche se per qualche motivo – magari quella cosa o quell’abitudine che non vuoi lasciare – non ti va di avvicinarti a Lui. Fai questo sforzo. Cosa altro pensi che egli debba fare per ricevere la tua attenzione? È Cristo la roccia sulla quale costruire la tua vita, non perdere altro tempo. Questo vorrei testimoniarti come a un amico, a un’amica.
Le considerazioni svolte in questo libro sulla capacità di ragionare con la propria testa – sinonimo di pensiero laico – possono servire anche senza questi ultimi consigli, se vogliamo, più intimi, ma hanno un’utilità dimezzata.
“Saper ragionare in modo valido è infatti la premessa indispensabile per un pensiero libero dalle fallacie. Autonomo nel giudizio sulla realtà che ci circonda e sulle opinioni altrui.”
(Roberto Giovanni Timossi, “Imparare a ragionare, manuale di logica”, p. 509, Marietti, Milano, 2011).
Ho voluto principalmente metterti in guardia contro i sofismi della società contemporanea: alcuni luoghi comuni, figli di quella forma di idealismo che oggi si chiama anche “pensiero debole” ma con una radice lontana – i sofisti dell’antica Grecia, ieri, i radicali oggi – in quanto radicata nella natura dell’uomo: l’eterna adolescenza di chi non vuole affrontare la Realtà con le responsabilità che essa comporta e cerca di far passare per “liberazione dell’uomo” quella che è più semplicemente una progressiva sottrazione alla responsabilità: l’amore “libero” (cioè: senza impegno) e l’aborto, la droga da liberalizzare “per renderla meno appetibile alla delinquenza” (si: vallo a raccontare alle madri dei ragazzi morti di droga), il divorzio che, passato come medicina per i casi più gravi, oggi scioglie le famiglie non appena si presenta la prima difficoltà. Leggi un po’ cosa scriveva Platone venticinque secoli fa.

“Straniero: Se guardo bene, mi appaiono due tipi: uno lo vedo abilissimo a simulare in pubblico, dinanzi alle folle, pronunciando lunghi discorsi; l’altro invece agisce in privato e con brevissimi interventi, costringe l’interlocutore a cadere in contraddizione.
Teeteto -  Esattamente.
Straniero -  Ora come chiameremo quello dei lunghi discorsi? Politico o oratore di piazza?
Teeteto - Direi oratore.
Straniero – E l’altro? Sapiente o sofista?
Teeteto – Sapiente, direi di no, dal momento che lo abbiamo trovato privo di scienza. E poi egli non è che l’imitazione del sapiente (sophós), e quindi gli converrà un nome simile, anzi derivato da quello… ma… aspetta: credo di aver capito che al nostro personaggio si adatti nel modo più pieno e più vero il nome che designa il sofista (sophistēs)! (…)
Ecco Teeteto,
“di stirpe e sangue siffatti”
Chi dicesse veramente rampollo il sofista, direbbe, credo, la più assoluta verità”.
(Platone, “Il Sofista”, pag. 83, Fabbri Editori)

Diffida da tutti coloro che ti propongono un futuro facile, ricco e bello, senza relativo impegno. Diffida di coloro che combattono, ma si sentono persi se escono fuori dal fascio di luce della ribalta. Cerca d’imparare a riconoscere chi è profeta di morte e chi invece combatte per la vita.
Da adesso saprai riconoscere, con l’allenamento, molti degli inganni del mondo di oggi messi in opera da chi non è autentico, perché forse ha perso la speranza di conoscere la verità. Segui le indicazioni che ti ho dato ma sappi che solo tu, con la tua costante applicazione, potrai metterti alla ricerca della verità e, nelle mille circostanze della vita, scoprirla ed amarla, entrando in un rapporto vitale con essa che, come ti ho detto, richiede tutto te stesso, compresi i tuoi errori che, se li saprai utilizzare, non saranno mai una cosa negativa. Dipende da te. Nessuno può farlo al posto tuo e, d’altra parte, se lo farai potrai essere veramente felice ed essere di appoggio per gli altri.
La Realtà - e la Verità che vi corrisponde in te - ha una caratteristica facile da riconoscere: ha - quasi sempre – qualcosa che ti costa. Se l'accoglierla non ti costa nulla... insospettisciti e mettiti alla ricerca: approfondisci. Assumi quest'atteggiamento di studio e di approfondimento come la bussola della tua vita. Non accontentarti mai delle facili conclusioni. Ciò che sembra verosimile non è per questo vero e allora verifica la fonte, chiedi sempre se chi ti parla afferma per sentito dire ho ha avuto modo di sperimentarlo di persona ovvero se lo ha saputo da fonte attendibile. Tutto questo controllo forse rallenta l'acquisizione di nuove notizie ma di certo ne migliora la qualità e non può che giovare al conseguimento di un sapere vero. Costa, ma ne vale la pena.
Un affettuoso ringraziamento per avermi seguito fin qui: adesso abbiamo ancora più cose che ci legano. Spero d’incontrarti e di aver modo di fare due chiacchiere, per email o, molto meglio, di persona, magari sorseggiando un buon caffè.

A presto!

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